L’Honduras non è solo l’Isola dei Famosi, le spiagge candide, i costumi da bagno e la parodia della fame che conquistano la prima serata delle televisioni nel Nord del mondo. Ancor prima del colpo di stato “tecnico” che ha portato alla destituzione di Fernando Armindo Lugo Méndez, avvenuta lo scorso giugno, “Le sparizioni forzate, le minacce a giornalisti e attivisti, la corruzione dominante nelle alte sfere del potere politico e giudiziario come tra le forze della pubblica sicurezza, hanno generato nel tempo una cultura della paura e dell’impunità drammatica per la gente comune” ci spiegato ProgettoMondo Mlal (Movimento Laici America Latina) una ong di cooperazione internazionale che dal 1966 promuove prioritariamente programmi di sviluppo per bambini e adolescenti in America Latina e Africa.
Il risultato di questa politica lo certificano le statistiche: l’Honduras è il Paese più pericoloso al mondo, con tassi di omicidio superiori a quelli di tanti Paesi in situazione di conflitto armato con indicatori, quindi, superiori a quelli di Iraq o Afghanistan. Si parla di circa 82 morti violente ogni 100mila abitanti. Giusto per fare una comparazione il dato medio mondiale si aggira intorno alle 8 morti violente ogni 100mila abitanti. L’Osservatorio della Violenza, stilato dall’Università Nazionale Autonoma dell’Honduras (Unah), certifica che nell'anno 2011 la media giornaliera degli omicidi del Paese centro americano era arrivata a 20 vittime. Il rapporto, diffuso anche dalla stampa locale, ha fatto registrare un importante aumento rispetto al 2010, con un totale di morti per cause non naturali che è stato di 9.799: 7.104 omicidi, 1.098 incidenti stradali, 730 morti per cause non determinate, 551 per altre cause e 316 suicidi.
Questa escalation di violenza non è cresciuta per caso, ma è il risultato del trend negativo sperimentato dal Paese nell’ultimo decennio, un trend le cui cause per il Mlal “si possono riassumere nella fortissima disuguaglianza nella distribuzione delle risorse, nella marginalizzazione di un intero segmento giovanile incapace di accedere al mercato lavorativo ed escluso progressivamente da un sistema educativo che privilegia l’alfabetizzazione primaria e si “dimentica” dell’educazione media e superiore e soprattutto “nella collocazione geografica dell’Honduras, sulla più importante rotta di mercato di cocaina del mondo: esattamente tra la domanda degli Stai Uniti e l’offerta dei paesi andini”.
Anche per questo l’Honduras rischia di essere “un Paese dal futuro mancato dove un’intera generazione può essere spazzata via, visto che gli adolescenti e i giovani sono senza ombra di dubbio tra i più coinvolti e colpiti dal clima di violenza che si respira” ha spiegato Alessandro Gambarini capo progetto Giovani per la Democrazia di ProgettoMondo Mlal Honduras. La questione è ancora più complessa quando si affronta il tema di genere e la situazione delle bambine e delle ragazze in un Paese dal profondo machismo culturale nelle relazioni inter-personali e dove nonostante le quasi 4.000 denunce di violenza domestica (dato che comunque sottostima la reale entità del problema), “il fenomeno del femicidio è costantemente in crescita e la tratta di bambine e ragazze è all’ordine del giorno”. Persino attraverso un semplice lavoro di ricerca promosso da ProgettoMondo Mlal nell’area di Choluteca e Nacaome sul versante Pacifico del Paese si possono leggere dati gravissimi come quello di “un 25% delle adolescenti che ha subito nella propria scuola una qualche forma di attenzione/violenza a sfondo sessuale almeno 1 volta in un anno”.
Il vescovo ausiliare di Tegucigalpa, monsignor Juan José Pineda, nel contesto dell’inizio del mese della patria in Honduras, lo scorso settembre, ha esortato i fedeli ad agire in modo coerente con la religione cattolica, per contrastare la violenza che insanguina la nazione. Il vescovo ha ricordato che “nella storia e nei testi del nostro inno nazionale, i nostri eroi e il nostro popolo sono stati macchiati di sangue, ma oggi l’Honduras continua ad essere macchiato di sangue a causa della violenza”. Una nota pervenuta all’agenzia Fides riferisce che nella sua omelia Pineda ha esortato i fedeli a vivere la fede e a “non sporcarsi le mani con la violenza e le cose di questo mondo, che troppo spesso allontanano da Dio”.
Ora nella capitale, Tegucigalpa, Medici Senza Frontiere (Msf) ha deciso di rinforzare il servizio di assistenza alla popolazione per contrastare questa vera e propria “epidemia di violenza”, come la ha definita la scorsa settimana Javier Rio Navarro di Msf che ha condotto un’indagine preliminare sull’esposizione alla violenza nelle strade di Tegucigalpa. “Qui, l’impiego della violenza è lo strumento principale per risolvere qualunque problema, legato o no alla droga”, ha affermato e “La maggior parte delle vittime rifiuta l’idea di denunciare i propri aggressori, sia perché non ha fiducia nelle autorità, sia perché lo considera inutile”.
Se dal 2005 al 2010, Msf si è limitata a gestire un rifugio per i giovani senzatetto, l’organizzazione dalla fine di marzo 2011 ha ampliato le sue attività per assistere tutte le vittime di violenza a cui manca l’accesso all’assistenza medica di emergenza a partire dalla popolazione che vive in strada o nei quartieri controllati dalle bande, in un’area di circa 95.000 abitanti, 9.000 dei quali sono vittime di violenza. “Ogni giorno un’equipe di Msf ha percorso queste strade raggiungendo un iniziale indice di successo: abbiamo guadagnato la fiducia delle persone e siamo riusciti a convincerli a richiedere le cure”, ha spiegato Gustavo Fernández, medico, che supervisiona i programmi di Msf in Honduras. “Un progresso enorme”. Ora per le vie di Tegucigalpa i dottori eseguono delle diagnosi e forniscono cure di primo soccorso, come suture o bendaggi per le ferite mentre gli psicologi forniscono un servizio di counselling e sono pronti ad ascoltare ciò che le persone vogliono raccontare.
Così da gennaio a settembre 2012, la clinica mobile di Msf ha effettuato 4.500 visite nelle strade di Tegucigalpa, comprese 850 visite di supporto psicologico. Circa 600 vittime di violenza sono state identificate e curate o trasferite nelle strutture di assistenza sanitaria, comprese 68 vittime di violenza sessuale. Un’opportunità in più per un paese che avrebbe molto da offrire, non solo dal punto di vista turistico.
Alessandro Graziadei
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