domenica 11 novembre 2012

Italia: la restaurazione dello shopper?


E pensare che era quasi fatta… Ora una lettera di richiamo inviata dalla Commissione Europea all’Italia la scorsa settimana affinché fornisca chiarimenti sul bando dei sacchetti in plastica (in gioco c’è la possibile violazione della direttiva europea sugli imballaggi) fa discutere. Non è, quindi, ancora finita la lunga agonia degli shopper in plastica nel nostro Paese vietati con un emendamento alla finanziaria nel 2007, banditi prima dal gennaio del 2010 e poi con una proroga dal gennaio 2011, ma consentendo la distribuzione gratuita dei sacchetti per le sole scorte comprovate “in giacenza” fino al 31 dicembre di quest’anno. Una storia infinita che finalmente sembrava aver trovato l’epilogo nell’ultimo decreto “crescita” del Governo cha conferma dal 1 gennaio 2013 l’avvio anche delle sanzioni amministrative pecuniarie per gli operatori che metteranno ancora in commercio shopper per l’asporto merci non rispondenti alle caratteristiche indicate nell’articolo 2 della legge n. 28/2012. Il via libera del Governo riguarda così le sole eco-borse conformi alla UNI EN 13432, attestata da certificazioni rilasciate da organismi accreditati, che ne determinano la provenienza dai soli materiali biodegradabili e compostabili di materia prima vegetale e rinnovabile anziché da quella fossile. Unica deroga per i sacchetti di plastica con uno spessore minimo che non scende mai sotto i 60 micron (i sacchetti usati dai negozi di abbigliamento e calzature, per esempio) e che può arrivare fino a 200 micron per le borse di uso alimentare.
“È una scelta che premia l’innovazione e il rispetto per l’ambiente - avevano affermato i senatori Roberto Della Seta e Francesco Ferrante all’indomani del decreto - Ben 180 mila tonnellate di CO2 non sono state immesse nell’atmosfera nel corso del 2011 grazie alla rivoluzione tutta italiana dei bioshopper, e ben presto saranno archiviate le 300mila tonnellate di shopper di plastica, pari a 430mila tonnellate di petrolio, con un’emissione di CO2 in atmosfera di circa 200mila tonnellate. La sostituzione dei sacchetti di plastica, da sempre uno degli elementi di maggiore inquinamento del territorio, delle coste e del mare, con sacchetti prodotti da materie prime di origine agricola, potrà dare un grande contributo alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche all’economia del paese, premiando chi ha scommesso sulle potenzialità vincenti della green economy.”
Quella avviata dal Belpaese è di fatto una piccola, ma fondamentale rivoluzione che ha cambiato per sempre il nostro modo di fare la spesa ed ha impedito di usare per pochi minuti un oggetto che può durare centinaia di anni, che spesso ci viene dato “gratuitamente“, ma per il quale tutti paghiamo un caro prezzo in termini di consumo di risorse, energia e di costi economici ed ambientali. Gli italiani, ha infatti evidenziato una recente ricerca condotta dall’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (Ispo) per Assobioplastiche (l'organizzazione costituita da imprese operanti in Italia ed all’estero nella produzione di polimeri biodegradabili), usano sempre più spesso le sporte in tessuto portate da casa, ma gli shopper fuorilegge non sono del tutto spariti. Se “L’80% dei clienti dei supermercati - ha spiegato la ricerca - dichiara di utilizzare, una volta in cassa, sporte o sacchetti portati con sé da casa in stoffa, nylon o in plastica rigida e dura riciclabile”, lo stesso studio ha evidenziato che “i sacchetti fuori legge vengono ancora usati nel piccolo commercio e nei mercati, dove al consumatore privo della propria busta vengono spesso proposti sacchetti che si autodefiniscono oxobiodegradabili, ma che non sono certificati secondo lo standard richiesto”.
Il successo della transizione all’eco-shopper, per Legambiente, è stato infatti in questi ultimi anni dimezzato anche dal vero e proprio trucco secondo l'italianissimo fatta la legge trovato l'inganno messo in campo da un gruppo di industriali che si è inventato un meccanismo di additivazione chimica per rendere ecologico un sacchetto tradizionale. “Con l’effetto paradossale - ha dichiarato questa settimana Ferrante - di generare una vera e propria truffa e vendere al consumatore un sacchetto di plastica, fatto a partire dal petrolio, al prezzo di quello davvero naturale. Si è reso quindi necessario il decreto del Governo dove si è specificato, una volta per tutte, che ciò che può essere considerato biodegradabile, e compostabile e che quindi può finire tra i rifiuti organici senza contaminarli”.
Di altro avviso è Claudio Maestrini, presidente di AssoEcoPlast l’associazione che rappresenta i produttori di plastica resa biodegradabile con l’utilizzo di additivi e che giovedì sotto il Ministero dello Sviluppo Economico ha manifestato contro la misura inserita nel decreto Crescita. Per Maestrini “serve un urgente intervento del ministro Passera per modificare un provvedimento che di fatto cancella dal nostro Paese un intero settore produttivo costituito da oltre 120 aziende” con “un fatturato annuo di almeno 800 milioni di euro”. “La lettera della Commissione Europea mette da una settimana fine alla vera e propria menzogna che per mesi ci è stata propinata, che sosteneva che la messa al punto dei sacchi non compostabili ci fosse stata richiesta dall’Europa e rappresentasse un necessario adeguamento alle Direttive Europee - ha concluso AssoEcoPlast in una nota - È vero proprio il contrario! Si tratta di un provvedimento illiberale che è contrario ai principi sanciti dalla Comunità Europea di libera circolazione delle merci e di libera concorrenza”.
Intanto, mentre di veri processi europei al nostro Paese ce ne sono aperti parecchi per il fatto che buona parte dei rifiuti, compresi milioni di shopper non biodegradabili, finiscono ancora in discariche illegali, la vera Sfida all’ultima sporta, non solo verbale è partita giovedì 1 novembre 2012. La competizione nazionale promossa dall’Associazione dei Comuni Virtuosi con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e dell'Anci coinvolgerà fino al 30 aprile 2013 14 comuni italiani che si sono distinti per il loro impegno nella raccolta differenziata. Chi farà i propri acquisti senza chiedere il sacchetto usa e getta, contribuirà a fare vincere al proprio comune il premio di 20 mila euro che verrà destinato alla scuola locale. “Questa iniziativa vuole dimostrare che per orientare i nostri stili di vita verso una maggiore sostenibilità ambientale serve un lavoro di squadra e a lungo termine. Tutti i soggetti che possono ridurre il proprio impatto ambientale, dalle istituzioni alle aziende ai cittadini devono assumersi il compito di fare la propria parte senza attendere oltre. È necessario fare il possibile per rallentare il degrado dei sistemi naturali del pianeta per le future generazioni e investire nella loro educazione ambientale. Ecco perché il montepremi andrà alla scuola locale, un settore pubblico in cui si è invece progressivamente disinvestito”, hanno spiegato gli organizzatori.
Alessandro Graziadei

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