Paese che vai, usanza che trovi, spesso a scapito del diritto internazionale. Dopo le documentate difficoltà dei migranti arrivati in Italia dalla Libia nell’ottenere lo status di rifugiato per l’assenza di un adeguato sistema di accoglienza e protezione nazionale dei migranti (sempre che il Mediterraneo li consegni vivi, visto che dal 1988 ad oggi sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 18.578 persone, di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011) ad essere sotto l’attenzione di alcune autorevoli ong internazionali è ora Israele. Human Rights Watch, Hotline for Migrant Workers e Physicians for Human Rights - Israele hanno, infatti, denunciato in un comune Report uscito il 28 ottobre come dal giugno del 2012 l’esercito israeliano (allertato in questi giorni per gli attacchi a Gaza) ha impedito a decine di richiedenti asilo di attraversare la nuova barriera innalzata da Israele al confine con l’Egitto.
Di fatto con la realizzazione, quasi completata, della barriera elettronica lungo i 110 dei 240 chilometri di confine, Israele è riuscito di fatto a bloccare l’immigrazione dall’Africa. Ad affermarlo è stato il premier Benyamin Netanyahu dichiarando che “In ottobre complessivamente solo 54 infiltrati hanno attraversato il confine. Tutti sono stati arrestati, nemmeno uno ha raggiunto le città di Israele”. Solo sei mesi fa gli ingressi illegali di africani erano circa mille al mese. Cosa è cambiato? Oltre alla cortina metallica il documento delle 3 associazioni umanitarie riferisce di almeno 7 casi in cui, da giugno a ottobre 2012, le forze israeliane che sorvegliano il confine con la regione egiziana del Sinai, “hanno rifiutato l’accesso a decine di migranti africani, in maggior parte provenienti dall’Eritrea, paese da cui migliaia di persone continuano a fuggire ogni anno a causa delle persecuzioni perpetrate al suo interno nei confronti di chi fugge da un salario appena sufficiente a sopravvivere, aderisce a religioni non riconosciute o fa parte di movimenti di contestazione del governo in carica”. Il documento riferisce inoltre che nel mese di luglio le forze israeliane hanno trattenuto in detenzione circa 40 eritrei appena all’interno del confine israeliano per poi consegnarli con la forza ai militari egiziani nonostante l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati(Unchr) dichiari che lo status di rifugiato viene riconosciuto a più dell’80% degli Eritrei che chiedono asilo a livello mondiale, proprio per le drammatiche conseguenze nella quali versa il Paese del Corno d'Africa.
Per Gerry Simpson, avvocato e ricercatore di Human Rights Watch “costringendo i richiedenti asilo e i rifugiati a restare all’interno del confine egiziano e deportandone altri al suo interno, Israele sta esponendo questa popolazione al rischio di una prolungata detenzione nelle carceri e nelle stazioni di polizia egiziane o a quello di un rimpatrio forzato in Eritrea con il pericolo di subire gravi abusi perpetrati dai trafficanti di esseri umani nella regione del Sinai” dove i migranti vengono torturati e stuprati per mano dei trafficanti di esseri umani. Secondo le tre organizzazioni “lo Stato d’Israele dovrebbe cessare di respingere i richiedenti asilo alla sua frontiera con l’Egitto a meno che i suoi funzionari non determinino attraverso un’equa procedura che essi non subiranno minacce alla propria vita o alle proprie libertà fondamentali e non saranno sottoposti a trattamenti inumani e degradanti a causa del respingimento stesso” ha sottolineato Simpson. Non solo, ma oggi per Human Rights Watch “Vi sono credibili testimonianze che i soldati israeliani non solo blocchino i richiedenti asilo al confine, ma che stiano anche usando la violenza a questo fine [e non sarebbe la prima volta] impedendo a gruppi di solidarietà israeliani di portare assistenza lungo la barriera recintata del confine”.
Se giustificare questi comportamenti contro i migranti significa accettare il completo svuotamento della protezione internazionale dei rifugiati, allora possiamo dire che un passo del Governo israeliano in questa direzione è già stato fatto. Solo il 6 settembre scorso, il Ministro dell’Interno israeliano Eli Yishai ha dichiarando alla Radio dell’Esercito Israeliano che, “Un Paese sovrano, responsabile per i propri confini, può decidere unilateralmente chi può entrare o lasciare il suo territorio” ed ha avvertito che fare eccezione per alcuni gruppi di migranti comporterebbe per Israele "l’obbligo di permettere l’ingresso a molte delle 300 milioni di persone che vivono in Africa”.
Ma l’affermazione del Ministro Yishai per cui “Israele ha la facoltà di sigillare i suoi confini nei confronti di chiunque” è per Physicians for Human Rights - Israele erronea dal punto di vista del diritto internazionale, dei diritti umani e della protezione internazionale visto che Israele aderisce alla Convenzione sullo statuto dei rifugiati Onu del 28 luglio 1951. “La costruzione di una barriera recintata al confine non da ad Israele il diritto di respingere i richiedenti asilo - ha affermato l’ong anche sul suo sito italiano Medici per i Diritti Umani - il Diritto internazionale è cristallino in tal senso: non sono ammessi respingimenti sommari alle frontiere di richiedenti asilo né rimpatri forzati fino a quando non venga stabilito che la richiesta di protezione internazionale non è fondata”. A certificarlo è l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati(Unchr) nella sua Conclusione sulla protezione internazionale n. 22 già nel 1981 (.pdf) ricorda come, sebbene gli Stati detengano di diritto la facoltà sovrana di controllare i flussi migratori, “In ogni caso, il principio fondamentale del non-refoulement, che include il non-respingimento alla frontiera deve essere scrupolosamente rispettato”. Principio ripreso anche nella Conclusione n. 99 del 2004 (.pdf), che richiama gli Stati a “un pieno rispetto del principio fondamentale del non-refoulement, compreso il non respingimento alla frontiera senza aver avuto la possibilità di accedere a procedure eque ed effettive per la valutazione dello status e dei bisogni di protezione”.
Ora ad allarmare le associazioni umanitarie sul destino dei migranti rimbalzati da Israele è anche la politica dell’Egitto, dove secondo le autorità di Gerusalemme i richiedenti asilo a cui si nega l’accesso nel Paese possono comunque presentare la loro richiesta di protezione. Ma le autorità egiziane hanno più volte rifiutato all’Unchr (unico soggetto in Egitto incaricato di registrare le richieste di asilo) l’accesso ai detenuti originari dei Paesi Sub-sahariani trattenuti per lunghi periodi nelle stazioni di polizia del Sinai e dal 2008, Human Rights Watch ha anche documentato casi in cui le autorità egiziane hanno rimpatriato con la forza nel Paese d'origine profughi eritrei, registrati come richiedenti asilo, e aspiranti tali. Per Physicians for Human Rights visto l’inconsistenza degli argomenti che giustifichino il rifiuto di protezione di Israele ai richiedenti asilo, realizzato attraverso il respingimento alla frontiera senza la minima valutazione individuale dei casi che si presentano, occorre intervenire subito. “Accettare queste argomentazioni significherebbe accettare il completo svuotamento della protezione internazionale dei rifugiati” sancito dalle Nazioni Unite.
Alessandro Graziadei
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