domenica 22 novembre 2015

La salute “senza fili” e senza certezze

Sì c’è la guerra, l’inquinamento (in tutte le sue declinazioni), la carne rossa, il cambiamento climatico, il terrorismo… tutte questioni importanti, ma forse senza eccessivi allarmismi è ora di aprire un dibattito pubblico anche sul tema dell’elettrosmog, coinvolgendo medici, scienziati e la società civile, visto che, a quanto pare, per il business di pochi si rischia di pregiudicare la salute di molti. A dirlo non sono io, ma il Consiglio d’Europa secondo il quale: “Aspettare prove certe potrebbe portare a grandi costi per la salute, come successo in passato per l’amianto, il fumo di sigaretta e il piombo della benzina”. Prove che in alcuni casi già ci sono, visto che la IARC classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” (Classe 2B) per l’uomo
dal giugno 2011.

Ne parliamo adesso perché la scorsa settimana il Tribunale di Tolosa ha riconosciuto una pensione di invalidità per “ipersensibilità elettromagnetica” ad una donna di 39 anni. Si tratta del primo caso giuridico in materia che da questo momento rappresenta un precedente importante per capire come convivere con l’evoluzione tecnologica coniugando velocità di trasmissione dati “senza fili” con le patologie causate dall’elettrosmog.  Marine Richard, questo il nome della donna di Tolosa, si è vista diagnosticare un deficit funzionale dell’85% e un indennizzo di 800 euro al mese per tre anni, eventualmente rinnovabile, a causa dei suoi continui mal di testa, formicolii e insonnia dovuti al wi-fi e a tutti i campi elettromagnetici che incontrava a lavoro.

 Una decisione che per il tribunale si basa su numerose pubblicazioni scientifiche che hanno dimostrato come “i campi elettromagnetici non ionizzanti (EMF) influiscono sugli organismi viventi a livelli ben inferiori a molte linee guida sia nazionali che internazionali”. Una delle più autorevoli tra queste ricerche, un riferimento anche per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stata pubblicata dal gruppo di scienziati indipendenti di Bioinitiative ed ha fissato inequivocabilmente a “0,6 Volt per metro la soglia di sicurezza,  cioè 100 volte meno la soglia oggi considerata sicura per l’uomo in Europa”. Dalla Svezia arrivano dati egualmente allarmanti attraverso la più importante ricerca mai condotta sui pericoli dei cellulari, un’analisi di studio condotta nel 1997-2003 e 2007-2009 da Lennart Hardell. Il celebre oncologo epidemiologo, fondatore dell’ICEMS (e già membro del panel scientifico dello IARC che nel 2011 classificò in “possibile cancerogeno” l’inquinamento elettromagnetico da Cell-Phone) ritiene che oggi servirebbe un più alto ranking rischio-tumori per le connessioni/conversazioni wireless. “Ci vuole la Classe 1, cancerogeni per l’uomo come arsenico, nickel e formaldeide - ha spiegato Hardell, le cui parole sono state utilizzate anche per lanciare una petizione su Avaaz  - Il glioma e il neuroma acustico sono causati dalle emissioni in radiofrequenza e dai campi elettromagnetici dei telefoni senza fili e quindi da considerare cancerogene nel Gruppo 1 secondo la classificazione IARC. Le attuali linee guida per l’esposizione devono essere riviste con urgenza!”.

Per questi motivi, 190 scienziati di 39 Paesi hanno inoltrato lo scorso luglio un appello all’Onu, destinato a Ban Ki-moon, Segretario Generale, Margaret Chan, Direttore Generale, e a tutti gli Stati membri, “per incoraggiare l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad esercitare una forte leadership nella promozione dello sviluppo di linee guida più protettive nei confronti degli EMF, incoraggiando misure precauzionali, ed educando il pubblico riguardo ai rischi per la salute, in particolare per lo sviluppo dei bambini e del feto”. Tra i firmatari di questo appello c’è anche la dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna.  L’Istituto Ramazzini ha condotto un grande esperimento sui campi elettromagnetici circa la cancerogenicità dei campi magnetici a bassa frequenza (50 Hz) e delle radiofrequenze (1,8 GHz), da sole o in associazione ad altri cancerogeni chimici o fisici. “I primi dati che abbiamo pubblicato mostrano un aumento statisticamente significativo di tumori mammari dovuto all’associazione tra campi elettromagnetici e radiazioni a bassissime dosi” ha spiegato la Belpoggi.

Davanti a queste allarmanti ricerche qualcosa è cambiato? Nulla anzi. In Italia per esempio l’attuale limite per le radiofrequenze è di 6 Volt per metro per i luoghi ove si soggiorna per più di 4 ore. Questo limite, però, stabilito nel 2003, era riferito ad una misurazione calcolata su una media di 6 minuti, che è il tempo in cui avviene la compensazione degli effetti termici dei campi elettromagnetici. Nel 2012 il Governo Monti decise con il Decreto Sviluppo, e senza alcuna valutazione di carattere sanitario, di innalzare il tempo di misurazione dei campi a 24 ore, creando di fatto un artificio per aumentare i limiti di legge. Oggi nel piano di Renzi per la Banda Ultra Larga troviamo 6 miliardi di euro pubblici (2014-2020) per portare la tecnologia di Quarta Generazione 4G (LTE) agli italiani potenziando i ripetitori, ma senza alcuna indicazione sul pericolo-contenimento dell' elettrosmog. Come se non bastasse sono in arrivo i termosifoni intelligenti, molto probabilmente dotati di sistemi in radiofrequenza e inseriti nell’ultima Direttiva sull’Efficienza Energetica approvata dal Consiglio dei Ministri, che per questi nuovi dispositivi di contabilizzazione di calore lascerebbe campo aperto ad una vera e propria prateria di nuovi dispositivi Wi-Fi nelle nostre città.

Come la mettiamo, quindi, col rischio di sforamento per esposizioni plurime e sovrapposte, dove al Wi-Fi dei termosifoni si aggiungerebbero quelli dei router, server, pc, cellulari, tablet… eccetera? L’appello al Governo sottoscritto nel febbraio di quest’anno da oltre 70 medici, biologi, fisici, ricercatori e da 50 associazioni e comitati contro l’inquinamento elettromagnetico in Italia secondo i quali esistono “rischi per la salute legati all’esposizione crescente a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde” per adesso è rimasto inascoltato. Per la dottoressa Belpoggi “È fisiologico che interessi economici, l’inerzia del mondo accademico e i tanti passaggi burocratici ostacolino il fluire delle conoscenze scientifiche, anche quando ne va della salute pubblica. I nostri risultati su benzene, formaldeide e stirene, ad esempio sono stati recepiti dopo oltre 20 anni dalla pubblicazione dei dati. Tutti ostacoli che sono sempre esistiti, che vanno combattuti giornalmente, ma che non ci hanno mai fermato”. In assenza di notizie e di controlli, “La solidarietà tra uomini e donne consapevoli, siano essi cittadini, scienziati o politici, è la miglior difesa” ha concluso la Belpoggi, che consiglia un uso il più possibile moderato di tutti i dispositivi capaci di generare elettrosmog.

Alessandro Graziadei

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