Le regioni dell’Africa occidentale e centrale sono considerate a bassa prevalenza di HIV/AIDS con “solo” il 2,3% della popolazione che convive con il virus. Tuttavia questo dato rappresenta tre volte la prevalenza mondiale che è dello 0,8%. A dispetto di questa "bassa" prevalenza alcune aree della regione raggiungono il 5% di persone affette da HIV/AIDS, ovvero la soglia che definisce l’alta prevalenza del virus e contano un numero costante di nuovi casi e di decessi legati alla malattia oltre ad un aumento del numero dei neonati sieropositivi. La causa è una copertura antiretrovirale molto bassa che raggiunge appena il 24% della popolazione che ne ha bisogno. Di questo passo per Medici Senza Frontiere (MSF) “L’obiettivo globalmente condiviso di debellare l’epidemia di HIV entro il 2020 non verrà mai raggiunto, se non verrà data una forte accelerazione alla risposta contro il virus in Africa centrale e occidentale, dove le persone sieropositive continuano a soffrire inutilmente e a morire in silenzio”.
Il nuovo rapporto di MSF “Fuori fuoco: come milioni di persone nell’Africa occidentale e centrale rimangono tagliate fuori dalla risposta globale all’HIV” presentato dalla ong la scorsa settimana, esplora le cause del mancato trattamento antiretrovirale in una vasta regione che comprende 25 paesi, ma in particolare tre contesti: Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Guinea. In queste zone appare lampante che i bisogni dell’Africa centrale e occidentale sono sottostimati e al virus dell’HIV non viene data la giusta considerazione. A quanto pare nonostante al momento sia confermata dal rapporto la bassa prevalenza del virus nell'area, a preoccupare è proprio la difficoltà nel affrontare l'HIV, che sembra una vera e propria corsa ad ostacoli: “le persone che convivono con il virus e devono superare barriere come la stigmatizzazione, lo scarso rifornimento di scorte e medicinali, i costi dei farmaci insostenibili per i pazienti e la scarsa qualità del servizio”. Le crisi ricorrenti causate dalla violenza o dalle epidemie, rendono poi ancora più complicato l’accesso alle cure.
Per questo MSF lancia un appello alle agenzie delle Nazioni Unite, ai donatori europei, al Fondo Globale contro AIDS, tubercolosi e malaria e al PEPFAR, così come ai governi interessati e alla società civile, perché sviluppino e realizzino piani per accelerare l’accesso al trattamento antiretrovirale salvavita (ART) in particolare in Africa centrale e occidentale dove la copertura raggiunge meno di un terzo della popolazione che ne ha bisogno. Secondo Mit Philips, esperto di politiche sanitarie per MSF “La tendenza delle agenzie internazionali a concentrarsi sui paesi a maggiore prevalenza di HIV e sui punti nevralgici dell’Africa sub-sahariana rischia di trascurare l’importanza di colmare il divario di trattamento nelle regioni con scarsa copertura antiretrovirale”. Le esigenze dell’Africa occidentale e centrale, infatti, restano enormi: “tre persone su quattro non accedono alle cure per l’HIV, il che corrisponde a 5 dei 15 milioni di persone che dovrebbero iniziare il trattamento entro il 2020”, ha affermato il dottor Eric Goemaere, referente di MSF per l’HIV . “Il sistematico abbandono della regione è un tragico errore strategico: si lascia che il virus svolga indisturbato il suo lavoro mortale mettendo a repentaglio l'obiettivo di frenare l'HIV/AIDS in tutto il mondo”.
La scelta appare chiara: “O si colma subito il divario nel trattamento in Africa centrale e occidentale o non lo si farà più. I paesi con una bassa copertura antiretrovirale hanno bisogno di trarre il proprio beneficio dalle rinnovate ambizioni mondiali sull’accelerazione della risposta all’HIV”, ha concluso Philips. Ma sono veramente "rinnovate" le ambizioni di sconfiggere il virus? Da quando è tramontata l’era degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delineati a New York nel settembre del 2000, sostituiti durante una sessione speciale dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel settembre del 2015 dal nuovo programma di sviluppo globale he guiderà l’ONU fino al 2030, i pericoli di un minore impegno contro l’HIV è già stato prospettato. Oggi “La realizzazione di condizioni di vita sana per tutti e a tutte le età”, cioè il nuovo 3° obiettivo, va ad accentrare tre degli obiettivi del passato programma d’intervento: ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna e infine combattere Hiv-Aids, malaria, tubercolosi e altre gravi malattie. Questa generale azione globale per la buona salute e il benessere della popolazione fa temete una riduzione dei finanziamenti ai programmi specifici, compromettendo anche le buone pratiche raggiunte anche nella lotta all’HIV/AIDS. Tuttavia, per MSF, se il mondo vuole seriamente debellare l’AIDS è tempo che potenzi i trattamenti antiretrovirali salvavita anche la dove la malattia non ha ancora toccato livelli di guardia superiori al 5%.
Alessandro Graziadei
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