Possiamo fare di meglio. Oltre a seguire alla lettera il principio #iorestoacasa, sostenere il nostro encomiabile personale sanitario, ringraziare paramedici, cassieri, operai, addetti alle pulizie e alla distribuzione, donare quando possibile, aiutare in condizioni di sicurezza e isolamento sociale chi ha bisogno, possiamo fare di meglio. Invece di reagire semplicemente alle catastrofi (magari usando la superstizione prendendocela con chi corre nei pressi di casa in completo isolamento sociale come da decreto), possiamo usare l’intelligenza, ricordarci di chi per anni ha tagliato, privatizzato e monetizzato la sanità pubblica o ha investito cifre esorbitanti in inutili spese militari (come i caccia F 35 d’attacco che di norma non bombardano i virus e uno basterebbe a finanziare 1.300 posti letto in terapia intensiva…) e iniziare a riprogettare da adesso economie più sensate e sostenibili, che mitighino le minacce del cambiamento climatico, della deforestazione, della perdita di biodiversità e quindi anche della diffusione di pandemie da zoomosi, gettando le basi per un’economia verde e circolare, orientata veramente verso quei beni comuni sempre evocati, ma raramente tutelati dalla politica. A suggerirlo è il Club di Roma cha ha rilanciato con forza nelle scorse settimane l’idea che “La pandemia richiede una risposta forte e immediata. Ma nella gestione della crisi, anche i governi devono guardare al lungo termine”. Come? “Nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria globale e di un’imminente recessione economica, l’importanza dell’European Green Deal è diventata ancora maggiore. Deve essere il quadro di riferimento per rispondere alla crisi attuale e all’emergenza planetaria più ampia di cui è parte”.
Il prestigioso gruppo di scienziati, che nel 1972 emise il primo serio allarme ambientale (a lungo ignorato) pubblicando il famoso The Limits to Growth per poi ripetersi nel 1992 con il libro Beyond the Limits, in alcuni recenti articoli sul mondo post-coronavirus è tornato a mettere in guardia l’umanità con una lettura non scontata e non priva di speranza della grave crisi sanitaria in atto. Nell’editoriale pubblicato su Project Syndicate, alcuni illustri esponenti del Club di Roma come Sandrine Dixson-Declève copresidente del Club, Hunter Lovins presidente di Natural Capitalism Solutions, Hans Joachim Schellnhuber direttore emerito del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK) e Kate Raworth dell’Environmental Change Institute dell’università di Oxford, hanno sottolineano come “Oltre a minacciare milioni di vite e l’economia globale, la pandemia di Covid-19 ha dimostrato che le società umane sono in grado di trasformarsi più o meno dall’oggi al domani. Non c’è quindi momento migliore di adesso per inaugurare un cambiamento economico sistemico”. Serve però uno sguardo più sostenibile e lungimirante perché se affronteremo ogni nuova crisi “mantenendo lo stesso modello economico che ci ha portato fin qui, allora gli shock futuri alla fine supereranno la capacità dei governi, delle istituzioni finanziarie e della società civile di rispondere”.
Per Dixson-Declève, Lovins, Schellnhuber e Raworth, “nel pianeta, tutte le specie, i paesi e le questioni geopolitiche sono interconnesse. I problemi possono essere gestiti solo attraverso un’azione collettiva che inizia molto prima che diventino crisi in piena regola”. In questo senso il coronavirus è stato un decisivo campanello di allarme per almeno due motivi: “è chiaro che dobbiamo smetterla di superare i limiti del pianeta che rendono più probabili le zoonosi che fanno il salto di specie”, ma sappiamo anche “che è possibile apportare cambiamenti trasformativi alle nostre società in una notte”. Se i governi mondiali si stanno affrettando a proteggere i loro cittadini dal punto di vista medico ed economico a breve termine (chi più e chi meno), è sensato pensare di poter utilizzare questa crisi per inaugurare un cambiamento sistemico globale. Per gli scienziati del Club ad esempio, “non c’è più nessuna buona ragione per non eliminare gradualmente i combustibili fossili e implementare le tecnologie dell’energia rinnovabile, la maggior parte delle quali sono ora disponibili a livello globale e spesso sono anche più economiche dei combustibili fossili. Con il recente crollo del prezzo del petrolio, i sussidi perversi ai combustibili fossili possono e dovrebbero essere eliminati, come il G7 e molti Paesi europei si sono impegnati a fare entro il 2025”. Analogamente anche il passaggio dall’agricoltura industriale a quella rigenerativa, uno dei modi migliori per vivere entro i nostri confini planetari, è immediatamente fattibile e “ci consentirebbe di sequestrare il carbonio nel suolo a un ritmo sufficiente per invertire la crisi climatica, questo migliorerebbe la resilienza economica e ambientale, creerebbe posti di lavoro e migliorerebbe il benessere delle comunità rurali e urbane”.
Riusciremo quindi a vivere in una “Donut Economics” cioè dentro i limiti naturali del pianeta assicurandoci che le comunità emarginate non rimangano indietro? Il gruppo di scienziati consiglia ai politici che vogliono uscire dall’attuale crisi di iniziare a reindirizzare ogni anno i 5,2 trilioni di dollari spesi in sussidi per combustibili fossili verso infrastrutture verdi, rimboschimento e investimenti in un’economia più circolare, condivisa, rigenerativa e low carbon. In un articolo di Euractiv, sempre la Dixson-Declève con Johan Rockström, direttore del PIK, evidenziano come “l’European Green Deal aspiri già a proteggere la salute e il benessere dei cittadini da rischi e impatti legati all’ambiente, a creare un ambiente privo di tossicità, a fornire diete sane e sostenibili e a proteggere la biodiversità” candidandosi ad essere “uno strumento efficace per concentrare gli investimenti e le menti su priorità chiare per l’Europa”. Per i due scienziati dovrebbe essere questo il nuovo piano Marshall per l’Europa: “Un piano che promuove un approccio integrato tra l’European Green Deal e un’economia che lavora per le persone e che reindirizzerà i sussidi perversi e il capitale pubblico e privato verso soluzioni che promuovano una giusta transizione verso società ed economie resilienti”. Del resto tra oggi e il 2030, un’azione più ambiziosa per affrontare i cambiamenti climatici potrebbe fornire oltre 26 trilioni di dollari in benefici economici globali netti rispetto al business-as-usual, compresa la creazione di oltre 65 milioni di nuovi posti di lavoro low- carbon.
Ce la faremo? Per gli scienziati del Club di Roma sì! “Gli esseri umani sono resilienti e imprenditoriali. Siamo perfettamente in grado di ricominciare. Se impariamo dai nostri fallimenti, possiamo costruire un futuro più luminoso di quello che è attualmente in serbo per noi. Accogliamo questo momento di sconvolgimento come un’opportunità per iniziare a investire in resilienza, prosperità condivisa, benessere e salute planetaria". Da tempo abbiamo superato i nostri limiti naturali, adesso è doveroso chiedere ai leader europei di guardare più lontano di quanto abbiano saputo fare fino ad adesso: "andrà tutto bene" solo se non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema!
Alessandro Graziadei
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