Rivolgendosi alla nazione in occasione della festa del Nowrūz il 21 marzo, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha ringraziato dottori e infermieri per il loro coraggio nella lotta alla pandemia di Covid-19. “La nostra nazione - ha spiegato Rouhani - ha raggiunto i propri obiettivi, a dispetto delle difficoltà” e anche la guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha elogiato gli iraniani per i loro “enormi” sacrifici e ha ironicamente ringraziato gli Stati Uniti, visto che “L’Iran ha beneficiato delle sanzioni americane” perché “ci hanno reso autosufficienti in tutte le aree”. In realtà nella Repubblica islamica dell’Iran, la nazione più colpita in Medio oriente da questo coronavirus, si contano già di 65.000 persone contagiate e sono più di 3.700 le vittime ufficiali, ma i numeri potrebbero essere ampiamente sottostimati. Per questo, di fronte all’escalation dei contagi e delle vittime da Covid-19, attivisti, giornalisti, governi europei e addirittura alcuni senatori americani, si sono appellati al presidente degli Stati Uniti Donald Trump per un allentamento delle misure punitive contro Teheran. Le inumane sanzioni americane reintrodotte l’8 maggio 2018, quando Donald Trump ha deciso il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare iraniano e la cui firma era considerata uno dei successi più importanti dell’amministrazione di Barack Obama, ostacolano la cura dei malati e agevolando la diffusione del virus. Ma come?
Prima della scure imposta da Washington l’Iran vantava una delle migliori strutture mediche di tutto il Medio oriente. Le misure restrittive imposte sull’esportazione di petrolio e sul sistema bancario hanno aumentato i prezzi delle importazioni, bloccato la catena dei rifornimenti e causato gravi carenze anche di medicinali, tanto che il Governo iraniano ha lanciato un appello per recuperare migliaia di farmaci e 172 milioni di mascherine dall’estero. Secondo Abbas Kebriaeezadeh, professore di farmacologia all’università di Scienze mediche di Teheran, attuale vice-presidente del sindacato farmaceutico e presidente della Baran Chemical and Pharmaceutical Company: “le sanzioni economiche promosse dagli Stati Uniti contro Teheran hanno provocato una grave penuria di medicine in Iran, fra i quali vi sono anche molti medicinali chemioterapici”. A quanto pare le scorte di farmaci come l’asparaginase o le mercaptopurine, usati per curare la leucemia e lo stesso paracetamolo, medicina di base per trattare il dolore, sono esaurite e da tempo non si trovano più sugli scaffali. Per questo diversi medici iraniani hanno denunciato la situazione drammatica dei pazienti oncologici e di quelli con altre malattie in stadio avanzato, in particolare tra bambini e anziani. I numeri legati al commercio di medicinali sembrano confermare l’emergenza: durante la presidenza Obama gli Stati Uniti esportavano ogni anno prodotti farmaceutici in Iran per 26 milioni di dollari. Negli ultimi due anni, con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, il commercio è crollato a poco più di 8 milioni.
Ma l’amministrazione Usa ha fino ad oggi ostacolando anche la vendita di farmaci prodotti in Europa. Secondo dati Eurostat la Svizzera ha visto crollare del 30% il volume di affari verso l’Iran, passando da 240 milioni di dollari nel 2017 a 167 milioni nell’anno successivo. La Francia registra un calo del 25%, passando da 194 milioni di euro ai 146 milioni di euro di oggi. Per Kebriaeezadeh “Le sanzioni hanno un forte impatto sulla disponibilità delle medicine, ma interrompono anche la produzione interna di farmaci mettendo in crisi il sistema sanitario nazionale. Alcuni farmaci richiedono fino a 15 sostanze diverse, provenienti da nazioni diverse; l’assenza di una di queste, rende impossibile la produzione del farmaco. La conseguenza più ovvia è affidarsi ad una rete di trafficanti che importano medicinali contraffatti da Pakistan, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, di bassa qualità e in larga parte inefficaci, che mettono in serio pericolo la salute pubblica”. Nonostante i funzionari statunitensi abbiano per i farmaci programmato “eccezioni” alla politica delle sanzioni, per proteggere il commercio di beni umanitari e di prima necessità, come richiesto peraltro dalla stessa Corte Internazionale di Giustizia, per Kebriaeezadeh in realtà “queste eccezioni sono insufficienti e rimane alto il pericolo per la salute pubblica degli iraniani”.
Se per la giornalista americana Glenn Greenwald “strangolare l’Iran con le sanzioni […] che impediscono cure ai malati e fanno morire le persone, è mostruoso” e si ipotizza anche una possibile richiesta da parte dell’Iran di un prestito di 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (sarebbe la prima volta dal 1962), Jamal Abdi, presidente del National Iranian American Council, ha sottolineato come “impedire in modo attivo ad una intera nazione medicine e beni di prima necessità e continuare a strozzare la sua economia nel mezzo di una pandemia globale è la summa della malvagità”. Fra le nazioni che sono venute in soccorso a Teheran in queste settimane vi è la Cina, sia a livello di aiuti, sia attaccando la politica americana, ricordando come “le continue sanzioni sono contrarie ad uno spirito umanitario, ostacolino la risposta dell’Iran all’epidemia e anche la consegna di aiuti umanitari da parte dell’Onu e altre Ong”. Anche la Russia si è rivolta agli Stati Uniti sottolineando che “la pandemia globale non è il tempo per regolare conti geopolitici, in special modo quelli senza alcuna base”. Tre nazioni europee, Francia, Germania e Regno Unito, hanno invece inviato la scorsa settimana un carico di equipaggiamenti medici e farmaci all’Iran usando per la prima volta il sistema di pagamento Instex approntato per favorire gli scambi commerciali tra Europa e Repubblica islamica, senza incappare nelle sanzioni statunitensi. I tre Paesi sono sempre stati fra i più critici della politica di scontro frontale attuata da Washington, visto che medicine e generi di prima necessità non dovrebbero rientrare nell’elenco di beni e commerci soggetti alle misure punitive della Casa Bianca.
Proprio in seguito all’invio di medicine e aiuti dall’Europa, anche un gruppo formato da 34 parlamentari statunitensi, fra i quali l'ormai ex candidato alla presidenza Bernie Sanders, ha inviato una lettera al segretario di Stato Mike Pompeo, chiedendo un allentamento delle sanzioni che il capo della diplomazia della Casa Bianca non ha escluso, senza però fornire ulteriori dettagli né tempistiche su quando e come l’amministrazione Trump intenderà allentare la strategia di “massima pressione” contro un Iran già in ginocchio.
Alessandro Graziadei
Nessun commento:
Posta un commento