sabato 6 giugno 2020

L’ultima spiaggia…

Le spiagge sabbiose si estendono lungo il 30% delle coste del mondo. Si tratta di aree vitali per numerose specie di fauna e flora che servono come zone cuscinetto naturali per proteggere la costa e gli ecosistemi costieri dalle onde, dalle maree e dalle inondazioni marine e sono da sempre luoghi importanti per il turismo e le attività ricreative, interpretando al meglio il sogno feriale di qualsiasi umana transumanza stagionale. Oggi però l’erosione costiera rappresenta un grave problema per le spiagge sabbiose che peggiorerà con l’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico e secondo lo studio “Sandy coastlines under threat of erosion”, pubblicato lo scorso marzo su Nature Climate Change, da un team di ricercatori europei guidato da Michalis Vousdoukas del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea, “Solo un’efficace azione per il clima potrebbe prevenire il 40% di tale erosione”. I ricercatori del Jrc hanno ricordato l’importanza di preservare le nostre coste visto che “Il ruolo di ammortizzatori di shock delle spiagge sabbiose diventerà sempre più importante con l’innalzamento del livello del mare e con le tempeste più intense attese con il cambiamento climatico".

Al momento però i cambiamenti climatici potrebbero far scomparire completamente più della metà delle spiagge sabbiose del mondo entro la fine di questo secolo. I preoccupanti risultati dello studio sono il frutto di 35 anni di osservazioni costiere satellitari e 82 anni di previsioni climatiche fatte sulla base di diversi e aggiornati modelli statistici che hanno simulato più di 100 milioni di eventi climatici possibili e misurato la conseguente erosione costiera globale. Ma questi non sono stati gli unici parametri presi in considerazione dallo Jrc, visto che il pericolo per le spiagge non arriva solo dal mareGli effetti del cambiamento climatico e la sua erosione costiera, infatti, si sommano con un erosione interna, quella provocata da una popolazione mondiale costantemente in crescita che genera un aumento dall’urbanizzazione lungo le coste. Che fare? Per gli scienziati la riduzione delle emissioni di gas serra potrebbe impedire il 40% dell’erosione prevista, ma anche se il riscaldamento globale venisse contenuto “Le società dovranno comunque adattarsi e proteggere meglio le spiagge sabbiose dall’erosione interna”. Per i ricercatori, infatti, man mano che le “backshores”, le aree di costa al di sopra del livello dell’alta marea, diventano sempre più edificate, i litorali sabbiosi perdono la loro capacità naturale di accogliere o recuperare l’erosione

Oggi onde, livello del mare, venti, e fattori geologici oltre all’attività antropica rendono le coste sabbiose ambienti estremamente dinamici che sono naturalmente resistenti alle variazioni climatiche, ma non se queste diventano eccessive e si accompagnano con una costante urbanizzazione costiera. Al contempo le dighe fluviali e gli sviluppi urbani trattengono a monte sedimenti che alimenterebbero naturalmente le spiagge. Di conseguenza, una parte sostanziale delle coste sabbiose del mondo si sta già erodendo, indipendentemente dal progressivo cambiamento climatico.  Lo studio certifica quindi che anche “senza mitigazione e adattamento climatico quasi la metà delle spiagge sabbiose del mondo sono in pericolo di estinzione entro la fine del secolo” un fenomeno che “Oltre alla perdita di preziosi ecosistemi, comporta implicazioni socioeconomiche gravi, specialmente nelle comunità più povere e dipendenti dal turismo nelle quali le spiagge sabbiose sono la principale attrazione turistica. Per questo le piccole nazioni insulari sono tra le regioni più vulnerabili”. 

La buona notizia è che, almeno sulla carta, le soluzioni per mitigare questo disastro economico e ambientale ci sono, visto che "Normative più severe contro un'urbanizzazione selvaggia" e “Una moderata mitigazione delle emissioni di gas serra potrebbero impedire buona parte della ritirata del litorale a livello globale”. Inoltre, in molte aree, gli effetti dei cambiamenti climatici “sono contrastati da cambiamenti ambientali che accrescono il litorale attraverso l’aumento della superficie delle spiagge sabbiose derivante dai sedimenti che arrivano sulla costa a causa di altri fattori naturali o antropogenici”. Un fenomeno particolarmente evidente per alcune aree dell’Amazzonia, dell’Est e del Sud-est asiatico e del Nord Pacifico tropicale. Meno nel Vecchio continente, dove l’Unione europea si è impegnata a mitigare le emissioni climatiche con l’European Green Deal e una strategia climatica che punta a raggiungere la carbon neutrality entro il 2050, cercando così di rendere l’Europa più resiliente e ridurre al minimo l’impatto di inevitabili cambiamenti climatici, soprattutto in quelle zone costiere più vulnerabili, attraverso “azioni di prevenzione da parte degli Stati membri volte a ridurre la vulnerabilità dei loro cittadini e delle loro economie rispetto ai pericoli costieri”. 

Come? Attualmente la Commissione europea ha già pubblicato le raccomandazioni per la gestione integrata delle coste, uno strumento politico che richiede l’istituzione di una zona tutelata di arretramento costiero (le così dette “coastal setback zone”), che si estenda per almeno 100 metri verso terra dalla linea di marea invernale più alta. Inoltre la  direttiva dell’Unione sulle alluvioni  impone agli Stati membri di mappare l’estensione delle inondazioni, le risorse e le popolazioni a rischio in queste aree e di adottare misure adeguate e coordinate per ridurre il rischio di alluvioni. Numerosi ambienti sabbiosi sono, infine, inclusi nella Direttiva Habitat in quanto legati a specie protette e molte delle aree protette comprendono coste sabbiose. L’attuazione di queste azioni dovrebbe portare i fiumi a riprendere la loro funzione naturale di trasporto dei sedimenti fornendo il materiale, attraverso  processi naturali, per ripristinare e conservare le spiagge sabbiose. Si tratta di misure essenziali che potrebbero rappresentare “l’ultima spiaggia” per proteggere le nostre coste, visto che per i ricercatori del Jrc, “Mantenere delle spiagge sabbiose integre è un’efficace misura di protezione costiera e presenta benefici ambientali ed economici significativi”. Se l’Europa, almeno sulla carta, potrebbe riuscire a tutelare le sue coste, in molti Paesi impoveriti le spiagge sabbiose potrebbero essere meno resilienti, con rischi enormi per le comunità locali.

Alessandro Graziadei

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