Negli ultimi decenni dall’arco alpino sono scomparse decine di metri di ghiacciai. Per preservare uno di questi delicati ecosistemi montani, sulla cima della Presena, a cavallo tra Lombardia e Trentino, dal 2008 un’immensa rete di teloni geotessili viene stesa sul ghiacciaio per difenderlo dai raggi solari estivi e rallentare gli effetti del riscaldamento globale. L’idea, importata dall’Austria già nel 2001, a partire dal 2008 è stata sviluppata da un programma sperimentale con le Università di Trento e di Milano, grazie alla collaborazione della Provincia Autonoma di Trento, che ha finanziato i teli e la produzione della neve. Dal 2015 il progetto prosegue per iniziativa della sola società Carosello (parte del consorzio che gestisce gli impianti Pontedilegno-Tonale) che ha progressivamente esteso la superficie di ghiacciaio protetta dai teli geotessili utili a ridurre l’ablazione del ghiacciaio, cioè il suo potere riflettente: erano 40.000 m² nel 2014, 46.700 m² nel 2015, 60mila m² nel 2016, 65mila m² nel 2017, 80mila m² nel 2018 e addirittura 100mila m² la scorsa estate.
Come ha ricordato il presidente di Carosello Davide Panizza, “I teli hanno la funzione di mantenere una temperatura più bassa al di sotto delle coperture, riflettendo la luce solare e riducendo così la temperatura della neve: li stiamo applicando dal 2008 con ottimi risultati”. In media, lo spessore di ghiaccio che rimane sotto i teli alla fine dell’estate si aggira sui 2,5/3 metri e da una proiezione sulla condizione del ghiacciaio registrata nel 2008 e quella attuale, emerge che è stato salvato dallo scioglimento uno spessore di ghiaccio alto oltre 50 metri. La conferma della validità di questo progetto era arrivava già nel 2014 da un’analisi realizzata proprio dai ricercatori universitari di Trento e Milano secondo i quali “Il settore coperto con il geotessile ha evidenziato valori medi di albedo di 0,64, contro un valore medio di 0,43 per la superficie glaciale non coperta. […]. Complessivamente l’azione del telo nel modulare i flussi energetici assorbiti dal ghiacciaio porta per il periodo di sperimentazione, ad una riduzione dell’ablazione del 52%”.
Oggi la copertura arriva fino a 3.000 metri ed è formata da teli larghi 5 metri e lunghi 70, cuciti assieme. Quando è ora di rimuoverli a fine estate, lo spesso filo che li unisce viene sfilato, i teli vengono arrotolati con l’ausilio dei gatti delle nevi e poi riposti in un deposito in attesa della stagione estiva. La strategia anti-scioglimento, però, non si limita ai soli teli estivi. In inverno, non appena le temperature lo permettono, la superficie nevosa è incrementata attraverso 10 cannoni sparaneve di ultima generazione posizionati lungo tutto il ghiacciaio che utilizzano l’acqua di un adiacente bacino idrico naturale. Il processo, che dura fino a marzo inoltrato, serve a rafforzare e proteggere il ghiaccio sottostante, ma non è certo economico, visto che la spesa media annua, tra gestione e manutenzione degli interventi a tutela del ghiacciaio supera i 420mila euro. L’utile impiego dei teli geotessili è quindi una soluzione che non ovunque è possibile utilizzare e sostenere anche economicamente. Allora che fare?
È ormai evidente che il nostro clima non è in grado di preservare i ghiacciai alpini posti sotto i 4.000 metri di quota, che bene o male sono tutti condannati, se la febbre del Pianeta non frenerà la sua corsa. Il prezzo della speranza è l’azione, anche individuale, perché se è vero che il cambiamento climatico è una sfida che siamo chiamati a risolvere a livello globale, la possiamo e dobbiamo affrontare quotidianamente anche personalmente. “Non andrà tutto bene”, neanche per i nostri ghiacciai, se non sapremo mettere in discussione in modo radicale e in prima persona il nostro stile di vita.
Alessandro Graziadei
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