Come ricorda lo scrittore americano Jonathan Safran Foer “l’emergenza ambientale non è una storia facile da raccontare e, soprattutto, non è una buona storia: non spaventa, non affascina, non coinvolge abbastanza da indurci a cambiare la nostra vita”. Non è insomma preoccupante come un letale virus o una disumana guerra alle porte dell’Europa. Così nelle scorse settimane, mentre l’IPCC pubblicava il suo nuovo rapporto sul cambiamento climatico “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability” che ha evidenziato, tra gli altri già evidenti pericoli, anche gli enormi rischi ambientali che corrono l’Italia e il Mediterraneo, la pandemia di Covid-19 e soprattutto l’invasione russa dell’Ucraina si prendevano tutta la scena presentando un conto pagato in vite umane in modo decisamente più immediato e drammatico. Non stupisce che una politica e un’opinione pubblica ormai assuefatte da decine e decenni di allarmi climatici e sicuramente in buona parte ancora incapaci di decifrare la gravità della situazione, abbiano dedicato al rapporto la stessa attenzione che gli hanno dedicato la maggior parte dei mass-media: poca. Eppure, sempre nella speranza che il peggio della pandemia sia superato e sia possibile trovare una soluzione pacifica in poco tempo e senza degenerare in un conflitto nucleare mondiale, come ha ricordato il geologo e divulgatore scientifico Mauro Tozzi, “L’escalation nucleare può essere bloccata anche all'ultimo istante, la guerra finirà [si spera…], contro la pandemia ci sono i vaccini. Gli effetti del cambiamento climatico sono, invece, irreversibili”.
Alcuni effetti dell’innalzamento delle temperature sono ormai diventati endemici, come la penuria d’acqua, che è diventata una costante anche nel Belpaese. Nonostante l’atteso ritorno questa settimana di un po’ di pioggia su gran parte della nostra penisola, per Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio (ANBI), alla luce degli ultimi dati sulle risorse idriche l’Italia sta dando la conferma locale di un allarme ormai planetario: “Non siamo soliti lanciare inutili allarmismi ed è vero che c’è ancora tempo, seppur sempre meno, per recuperare il deficit idrico in ampie zone d’Italia, ma è altrettanto vero che uno stato di siccità conclamata si sta registrando lungo la Penisola, in maniera diversificata, da circa un anno, facendo seguito ad un 2021 già particolarmente arido”. Di fatto per Vincenzi la situazione “ci fa ritenere che la sofferenza idrica stia diventando un fattore endemico lungo la Penisola”. L’ANBI ha rivelato che i dati più eclatanti arrivano dall’Emilia Romagna, dove gli eventi meteo dei primi due mesi del 2022 mostrano tutta la gravità della situazione: “nella zona montana, tra i fiumi Parma e Trebbia, sono caduti circa 87 millimetri di pioggia da inizio anno; l’anno scorso, nello stesso periodo, erano però stati 295! Non solo; la pioggia è sempre più localizzata: a parte 20 millimetri circa d’acqua, caduti in pianura tra il Parma ed il Tidone, nulla o quasi si è registrato nel resto della regione”. Non va meglio nel resto del Nord Italia dove, tra i grandi laghi, solo il Garda è stabilmente sopra la media del periodo, mentre gli altri invasi hanno percentuali di riempimento addirittura dimezzate rispetto a quanto registrato durante le estati più siccitose.
L’ANBI evidenzia un dato a prima vista paradossale: “In Val d’Aosta, le piogge sono state minime, ma sorprendentemente la portata della Dora Baltea è in crescita”. Come mai? “È la testimonianza del già iniziato scioglimento dello scarso manto nevoso, provocato da un clima straordinariamente mite anche in alta quota”. A fine febbraio, le precipitazioni sono state praticamente nulle anche in Trentino-Alto Adige, Piemonte, Veneto e Lombardia, “dove le riserve idriche si allontanano sempre più dalla media storica e così i livelli di quasi tutti i fiumi, Po compreso, continuano a calare o si confermano su valori molto bassi e che quasi sempre sanciscono record negativi”. Anche nell’Italia Centrale si è accentuata la sofferenza idrica, con un calo di portata su tutti i fiumi della Toscana, dove il deficit medio di pioggia si aggira intorno al 40%. ANBI evidenzia che, “Nei bacini dei fiumi Ombrone e Fiora, così come nelle zone costiere ed insulari, nonché nella porzione settentrionale della Valdarno, lo scarto negativo fluttua tra -50% e -70%; nella città di Firenze, tale scarto segna -63% circa rispetto al 2021 e -52% rispetto alla media”. Appare grave anche la situazione idrica nelle Marche dove il Centro Operativo Agrometeo ASSAM Regione Marche ha detto che “Dall’inizio dell’anno, si sono riscontrate minori precipitazioni rispetto alla media storica degli scorsi 10 anni: in provincia di Pesaro Urbino si oscilla tra -24% nell’area montana e -69% lungo la costa, mentre ad Ancona si registra -78% in Appennino e -65% in Vallesina. Non va meglio nel Sud della regione: -75% nelle province di Macerata e Fermo, -65% in provincia di Ascoli”. Ma il record arriva da Tolentino, nel maceratese, dove il deficit di Febbraio ha toccato l’85% (siccità estrema), raggiungendo su base annua addirittura un -96%. Nel Lazio, le portate dei corsi d’acqua nel bacino del Liri sono inferiori agli scorsi anni, mentre in Campania aumentano le disponibilità in tutti i corpi idrici, tranne che nel fiume Garigliano. A Sud, gli invasi di Basilicata si riempiono molto lentamente (in una settimana +3milioni di metri, ma segnavano +20 milioni un anno fa ) e va meglio solo in Calabria e Sicilia, dove la fine dell’autunno ed i mesi invernali si stanno caratterizzando tra i più piovosi dell’ultimo decennio.
Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, non nasconde la sua preoccupazione “Abbiamo la sensazione che non sia adeguatamente percepita la situazione che, stanti le attuali condizioni climatiche, ci troveremo ad affrontare. Accanto alla programmazione di interventi strutturali per aumentare la capacità di trattenere acqua sul territorio, è urgente che oltre a convocare tavoli di concertazione per definire, nel rispetto delle priorità di legge, l’utilizzo migliore di una risorsa vitale e sulla quale ormai convergono molteplici interessi, tutti coloro che hanno responsabilità e impegni per la risorsa ne prendano nuova coscienza. Servono risposte concrete a territori, imprese e cittadini che non possono più tollerare la liturgica dichiarazione di stato di calamità per eccesso o scarsità di acqua”. Attualmente nel Mondo la siccità colpisce circa 1,5 miliardi di persone, ma secondo le stime, al 2030, il 40% della popolazione mondiale sarà soggetta a condizioni di stress idrico. Dati che giustificano i toni di allarme utilizzati e che dovrebbero essere da stimolo per azioni di adattamento e mitigazione ad ogni latitudine compresa la nostra. I climatologici, infatti, si riferiscono al bacino del Mediterraneo indicandolo come un hot spot dei cambiamenti climatici dove eventi estremi quali bombe d’acqua, ondate di calore e siccità si verificheranno sempre con maggiore probabilità e intensità.
Alessandro Graziadei
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