sabato 6 agosto 2022

L’”energia” dei rifiuti organici

Come abbiamo ricordato all’inizio di quest’anno, se per circa l’80% della popolazione italiana la raccolta differenziata dei rifiuti organici era già una pratica consolidata, dal 1 gennaio è diventata una virtuosa parte della quotidianità di tutti gli italiani. Con l’articolo 182 ter del decreto legislativo 152/2006, che recepisce in Italia la direttiva europea 2018/851 in materia di rifiuti, infatti, da quest’anno in tutti i Comuni italiani vige l’obbligo della raccolta differenziata della frazione umida: gli scarti organici, come i classici residui di cibo, ma anche gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile (certificati EN 13432). Per Zero Waste Europe La norma introdotta dalla direttiva europea, ed anticipata in Italia, è un’ottima notizia per chiunque abbia a cuore la corretta gestione sostenibile dei materiali post consumo. Dal punto di vista agronomico separare l’organico dal resto dei rifiuti è importante per restituire al terreno materia viva e fertile. La fertilità dei suoli dipende essenzialmente dalla presenza di sostanza organica, che proprio il compost ottenuto dal riciclo dei rifiuti organici si propone appunto di aumentare”. Ma non è l’unico potenziale vantaggio.


In Italia la raccolta della frazione organica (umida e verde) rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti in maniera differenziata e in particolare nell’ultimo decennio c’è stata una crescita media dell’intercettazione del 7% all’anno. Nei primi trent’anni di vita del Consorzio Italiano Compostatori (Cib) - celebrati a Roma lo scorso mese di giugno - sono state raccolte oltre 100 milioni di tonnellate di rifiuti organici, trasformate in 35 milioni di tonnellate di compost, con 65 milioni di tonnellate di CO2 equivalente evitate. Secondo i dati Cic nel 2020 sono state ricavate dalla frazione organica dei rifiuti circa 2,18 milioni di tonnellate di compost e 370 milioni di metri cubi di biogas; questi ultimi sono stati a loro volta valorizzati mediante la produzione di circa 437,5 MWh di energia elettrica, 128,7 MWh di energia termica, e 93 milioni di metri cubi di biometano destinato all’autotrazione. Secondo le stime del Cic, desso che è stata resa obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti organici in tutta Italia, il Paese nel 2025 potrebbe arrivare a produrre più di 9 milioni di tonnellate all’anno di frazione organica,  portando il settore del biowaste a 13.000 addetti generando circa 2,5 mdl di euro di indotto. Per non parlare del potenziale energetico! Per farlo però servono gli impianti in grado di recuperare materia ed energia dai rifiuti organici.


“Nel nostro Paese, la filiera del recupero dei rifiuti organici ha raggiunto il sostanziale equilibrio tra la richiesta di conferimento dei produttori di rifiuto organico e la capacità di trattamento degli impianti – ha dichiarato Massimo Centemero, direttore del  Cic – Le aziende, sia pubbliche che private, si stanno muovendo nella direzione giusta e anche al centro e al sud, aree ancora carenti di impiantistica dedicata, stanno lavorando per ampliare o costruire ex novo impianti integrati con relativa produzione di compost e biometano”. Tuttavia attualmente in Italia sono presenti 359 impianti, la cui capacità autorizzata disponibile per il trattamento di umido ammontava, nel 2020, a circa 9.300.000 tonnellate/anno. Il problema è che al momento si tratta in larghissima parte di impianti di compostaggio, dai quali è possibile ricavare compost per l’agricoltura, ma non il prezioso biometano, frutto dei digestori anaerobici. Eppure proprio la produzione di energie rinnovabili come il biometano è un tema quanto mai attuale, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina che ha esasperato le dinamiche energetiche legate ai combustibili fossili. Secondo il  Cic “L’Italia, accelerando il percorso di produzione domestica di biometano a partire dai rifiuti organici e dai residui agricoli, potrebbe arrivare in alcuni anni a circa 2-3 miliardi di m3 di biometano prodotto annualmente e proveniente dalla trasformazione di biomasse di scarto”.

 

Tra realizzazioni ex novo e soprattutto ammodernamenti, sono pronti a diventare operativi nel Belpaese nei prossimi mesi più di 50 impianti di produzione di biometano da frazione organica proveniente dalle raccolte differenziate. Tuttavia se raccogliere l’organico è importante, per produrre energia serve raccoglierlo bene, visto che come documenta l’ultimo report Ispra in materia, proprio l’organico mostra un leggero, ma costante peggioramento della qualità della raccolta, a causa di conferimenti errati da parte dei cittadini. “Ricordiamoci di usare anche le bioplastiche compostabili per raccogliere la frazione organica – è l’appello di Marco Versari, presidente di Biorepack – I sacchetti biodegradabili e compostabili hanno contribuito a rendere l’Italia il Paese europeo che raccoglie più frazione organica. Insieme all’organico ora possono essere conferiti nell’umido i sacchetti della spesa, le cialde del caffè realizzate e i nuovi imballaggi realizzati in materiale compostabile. Tutto ciò contribuisce ad aumentare ulteriormente questi tassi di raccolta”. Il problema è che le bioplastiche per essere correttamente riciclate richiedono impianti con caratteristiche particolari per condizioni di temperatura, umidità e tempo di trattamento, rispetto a quelle necessarie per gli altri rifiuti organici, soprattutto se si parla di plastiche rigide, come quelle di piatti e bicchieri, anziché dei sacchetti. 


Proprio perché non tutti gli impianti per l'organico sono capaci di gestire anche la bioplastica compostabile e produrre biometano da frazione organica proveniente dalle raccolte differenziate, la strada verso un Belpaese fatto da cittadini virtuosi e Comuni sempre più “ricicloni” è ancora lunga, ma a quanto pare inderogabile!


Alessandro Graziadei

 

Nessun commento:

Posta un commento