Negli ultimi tre anni il Covid-19 ha colpito tantissimi Paesi a tutte le latitudini, lasciando ancora aperto il conto delle vittime e quello dei danni economici. Come altri Paesi asiatici, anche lo Sri Lanka è stato travolto dagli effetti sanitari della pandemia, con conseguenze economiche, sociali e politiche che si sono presto rivelate drammatiche. Dal 2009, dopo la fine del decennale conflitto etnico tra l’esercito governativo e i separatisti tamil dell’LTTE che ha lasciato in eredità quasi 100.000 morti, lo Sri Lanka era riuscito faticosamente a riconquistarsi un posto tra i paesi pacificati. Colombo aveva ricostruito un’economia e una società a lungo lacerata, che adesso è implosa compromettendo industrie come la pesca, l’abbigliamento e il turismo, tutte messe in ginocchio dalla pandemia e dal mal Governo del Presidente Rajapaksa, che in luglio davanti al dilagare della protesta popolare si è dimesso fuggendo all’estero. Abbiamo seguito la parabola di questo Paese fin dall’inizio della Pandemia, quando a pagare il conto più salato dei primi lockdown era stato soprattutto il settore ittico, un settore chiave per Colombo, perché contava 175mila pescatori impegnati in attività di piccolo cabotaggio. Secondo la National Fisheries Solidarity Organization (Nfso) un gruppo di organizzazioni che si batte per i diritti economici e sociali dei lavoratori del settore ittico, "il Governo, non è mai riuscito a varare misure per proteggere l’industria della pesca dagli effetti della pandemia, mettendo sul lastrico un’intera filiera".
Nel corso del 2020 la repressione delle prime proteste dei rappresentanti di questo e altri settori hanno abbondantemente superato la misura, con arresti arbitrari e il tentativo di soffocare tutte le libertà di stampa ed espressione. Molti manifestanti sono stati arrestati perché secondo le autorità violavano le leggi sulla quarantena. Per gli attivisti quelle del Governo sono state scuse per reprimere qualunque forma di dissenso: “Va ribadito che così tanti arresti sono una questione seria. [...] Il diritto alla libertà di espressione è riconosciuto come un diritto fondamentale nella Costituzione dello Sri Lanka”, si leggeva nel 2021 in una dichiarazione firmata da 45 organizzazioni della società civile e dai sindacati. In pochi mesi il turismo è crollato e i debiti che il presidente Rajapaksa ha fatto soprattutto con la Cina hanno portato il Paese ad un punto di non ritorno. La crisi energetica e l’aumento del prezzo del petrolio hanno fatto il resto in un’isola che dipende fortemente dalle importazioni di energia, fertilizzanti e medicine. Come ha ricordato la nostra redattrice Miriam Rossi in un articolo dello scorso giugno “Nel mio viaggio di quasi 10 anni fa in Sri Lanka avevo portato a casa una certezza: in quell’isola meravigliosa nessuno sarebbe potuto morire di fame. La natura è così rigogliosa che offre le sue leccornie in ogni angolo del Paese. Eppure l’8 giugno scorso, la Croce Rossa Internazionale ha attivato una raccolta fondi per far fronte ai bisogni (in primis alimentari) delle persone più vulnerabili, calcolate in circa 500mila individui. Lo Sri Lanka è in stato di default dalla metà di maggio: per la prima volta nella sua storia, il Paese non è stato in grado di saldare i debiti assunti con gli istituti di credito internazionali e affronta la peggiore crisi economica dalla sua indipendenza nel secondo dopoguerra. I colloqui con il Fondo Monetario Internazionale per l’attivazione di un piano di risanamento sono solo l’ultimo tassello di un sfacelo economico che ha condotto lo Sri Lanka a una crisi umanitaria senza precedenti”.
Il risultato e che all’inizio di quest’anno secondo il sondaggio “Sri Lanka Opinion Tracker Survey”, condotto e pubblicato lo scorso novembre dall’Institute for Health Policy (Ihp), un srilankese su quattro emigrerebbe se solo ne avesse la possibilità. “I giovani e le persone istruite sono quelle che vogliono emigrare di più, circa uno su due ha dichiarato di voler lasciare il Paese. Di coloro che vorrebbero emigrare, uno su quattro ha intenzione di farlo”. Nel report del Global Hunger Index 2021, l’indice che definisce il livello della fame nel mondo, lo Sri Lanka ricopre una delle posizioni più basse della classifica composta da 116 nazioni. Secondo i dati di analisti ed esperti ripresi da Asia News “La crisi economica nel Paese ha colpito tutte le categorie di lavoratori, dai 3 milioni di lavoratori autonomi a quelli delle piccole e medie imprese che svolgono un ruolo fondamentale nell’economia nazionale”. Da gennaio l’inflazione è schizzata alle stelle e i prezzi delle materie prime sono saliti a livelli senza precedenti. L’ultimo rapporto della Banca mondiale “Sri Lanka Development Update”, pubblicato a cadenza semestrale, sottolinea che “il tasso di povertà nello Sri Lanka è raddoppiato dal 13,1% al 25,6% tra il 2021 e il 2022: nelle città è triplicato dal 5% al 15%. Il distretto di Mullaitivu è l'area più povera (57% di poveri nel 2022), seguito da quelli di Kilinochchi e Nuwara Eliya".
Poiché lo Sri Lanka non ha un programma di assicurazione contro la disoccupazione e le politiche attive del mercato del lavoro sono deboli, sarebbe necessario garantire un'adeguata copertura sociale soprattutto ai lavoratori autonomi. Sarà possibile farlo? La scorsa settimana Shehan Semasinghe, ministro delle Finanze ha chiesto a centinaia di migliaia di poveri di registrarsi presso il Welfare Benefits Board per ricevere assistenza. Secondo i funzionari di governo 867.696 srilankesi, di cui 117.101 anziani, sono in attesa di ricevere prestazioni sociali: 21.459 aspettano un assegno di disabilità e 2.687 pazienti affetti da malattie croniche necessitano di assistenza sanitaria. I dati della Banca centrale (Cbsl) evidenziano che le famiglie beneficiarie del programma Samurdhi, il programma attraverso cui anche la Banca mondiale ha fornito sussidi di emergenza, sono già 1,76 milioni: per il 2021 erano stati stanziati 55,4 miliardi di rupie, circa 156 milioni di euro. Dopo aver accumulato debiti insostenibili e a causa di livelli di corruzione altissimi che hanno strangolato l'economia sotto il governo Rajapaksa, il tracollo economico dello Sri Lanka iniziato con la pandemia porterà il Pil nazionale a diminuire del 9,2% quest'anno e di un ulteriore 4,2% nel 2023. Un disastro che, pur con le debite differenze, mostra delle drammatiche affinità...
Alessandro Graziadei
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