A ben guardare, il piccolo osservatorio che è stata la campagna elettorale italiana appena conclusa, aveva fatto intuire che il fondamentale tema dell’uguaglianza di genere non fosse una priorità di buona parte almeno della politica nostrana e non stupisce sapere che a livello globale l’Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile numero 5, ovvero il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, non sarà raggiunto entro il 2030, anzi, “Al ritmo attuale di progresso, potrebbero essere necessari quasi 300 anni per raggiungere la piena uguaglianza di genere”. Chi lo dice? Nonnsolo la drammatica e coraggiosa protesta delle donne iraniane ed afghane. Il nuovo rapporto “Progress on the Sustainable Development Goals (SDG): The Gender Snapshot 2022”, pubblicato in settembre dall’UN Women e United Nations Department of Economic and Social Affairs (UN DESA), ci ricorda che “Le sfide globali, come la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze, i conflitti violenti, i cambiamenti climatici e il contraccolpo contro la salute e i diritti sessuali e riproduttivi delle donne stanno esacerbando ulteriormente le disparità di genere”. Presentando il rapporto, Sima Sami Bahous, direttrice esecutiva di UN Women ha ricordato che questo periodo storico “È un punto di svolta per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere. È fondamentale mobilitarci ora per investire sulle donne e sulle ragazze di domani. I dati mostrano innegabili regressioni nelle loro vite, aggravate dalle crisi globali: nei redditi, nella sicurezza, nell’istruzione e nella salute. Più tempo impiegheremo per invertire questa tendenza, più costerà a tutti noi”.
Di fatto, il raggiungimento dell’Obiettivo 5, oltre ad essere un fondamentale traguardo culturale e sociale è oggi uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla riduzione della povertà. Anche se sulla parità di genere, l'empowerment delle donne, la possibilità alle bambine di iscriversi a scuola e l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro, i progressi nell’ultimo decennio sono stati considerevoli, per la Bahous “Senza un’azione rapida, i sistemi legali che non vietano la violenza contro le donne, non proteggono i diritti delle donne nel matrimonio e nella famiglia negando alle donne il diritto di trasmettere la loro nazionalità ai propri figli, o di ereditare, non forniscono loro pari retribuzione e benefici sul lavoro, e non garantiscono i loro uguali diritti di possedere e controllare la terra, continueranno ad esistere per le generazioni a venire”. Le conseguenze? Il mantenimento di società patriarcali inique e più povere ancora per molti anni, visto che “Al ritmo attuale di avanzamento, ci vorranno fino a 286 anni per colmare i gap nella protezione legale ed eliminare le leggi discriminatorie, 140 anni affinché le donne siano rappresentate equamente in posizioni di potere e leadership sul posto di lavoro e almeno 40 anni per ottenere una rappresentanza paritaria nei parlamenti nazionali. Per eradicare i matrimoni precoci entro il 2030, i progressi devono essere 17 volte più rapidi rispetto ai progressi dell’ultimo decennio, con le ragazze provenienti dalle famiglie rurali più povere o dalle aree colpite da conflitti che dovranno faticare di più per far rispettare i loro diritti e soddisfare le loro aspettative”.
Secondo gli analisti di UN Women l’invasione dell’Ucraina e la guerra in corso stanno ulteriormente peggiorando l’insicurezza alimentare e la fame a livello mondiale, soprattutto tra donne e bambini, limitando le forniture di grano, fertilizzanti e combustibili e aumentando l’inflazione tanto che oggi sono circa 383 milioni le donne e le ragazze che vivono in condizioni di estrema povertà (con meno di 1,90 dollari al giorno) rispetto a 368 milioni di uomini e ragazzi e molte altre donne quest’anno avranno un reddito insufficiente per soddisfare bisogni primari come cibo, vestiti e un alloggio adeguato. Il rapporto evidenzia alcuni dati critici particolarmente significativi: “Nel 2020 le donne hanno già perso circa 800 miliardi di dollari di reddito a causa della pandemia e la loro partecipazione al mercato del lavoro dovrebbe essere inferiore nel 2022 rispetto a quella pre-pandemia di almeno un punto percentuale”. A livello globale, poi, la chiusura di scuole e asili nido ha richiesto 672 miliardi di ore di assistenza all’infanzia aggiuntiva non pagata a livello globale, “Supponendo che il gap di genere nel lavoro di cura fosse rimasto lo stesso di prima della pandemia, le donne avrebbero sostenuto 512 miliardi di queste ore”. Sempre quest'anno si registrano, “Più donne e ragazze sfollate con la forza che mai: circa 44 milioni di donne e ragazze entro la fine del 2022” e “Oltre 1,2 miliardi di donne e ragazze in età riproduttiva (15-49 anni) vivono in Paesi e aree con importanti restrizioni all’accesso all’aborto sicuro”. Che fare? Il rapporto ricorda che “Il raggiungimento dell’istruzione universale delle ragazze, sebbene non sufficiente di per sé, migliorerebbe significativamente la condizione femminile”. Ogni anno in più di scolarizzazione può aumentare fino al 20% i progressi di una ragazza da adulta, con ulteriori impatti sulla riduzione della povertà, una migliore salute materna, una minore mortalità infantile, una maggiore prevenzione dell’HIV e una minore violenza contro le donne.
Il rapporto infine evidenzia come “La cooperazione, le partnership e gli investimenti nell’agenda per l’uguaglianza di genere, anche attraverso maggiori finanziamenti globali e nazionali, siano essenziali per correggere la rotta e rimettere in carreggiata l’uguaglianza di genere”. Un concetto ribadito anche da Maria-Francesca Spatolisano, segretaria generale aggiunta per il coordinamento delle politiche e gli affari inter-agenzie di UN DESA, per la quale “L’uguaglianza di genere è una base per il raggiungimento di tutti gli SDG e dovrebbe essere al centro di una migliore pianificazione politica, sociale ed economica”.Un problema anche per il nuovo Governo del Belpaese, perché sebbene la mancanza di risorse sia spesso terreno fertile per queste situazioni di ingiustizia, i diritti delle donne sono a rischio anche in molti paesi sviluppati, a cominciare dal nostro.
Alessandro Graziadei
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