Con l’Accordo di Parigi nel 2015 i Paesi hanno concordato di mantenere la temperatura superficiale media globale a lungo termine ben al di sotto di 2° C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarla a 1,5° C entro la fine di questo secolo. La comunità scientifica ha però ripetutamente avvertito che siamo in ritardo e che un riscaldamento superiore a 1,5°C rischia di scatenare impatti molto più gravi sui cambiamenti climatici e i fenomeni meteorologici estremi, per questo ogni frazione di grado di riscaldamento è importante. E quindi?
Olivier Burkerman, noto giornalista del The Guardian, ha scritto: “Se una cricca di psicologi malvagi si fosse radunata in una base sottomarina segreta per ordire una crisi che l’umanità sarebbe stata irreparabilmente impreparata a fronteggiare, non avrebbe potuto escogitare di meglio dei cambiamenti climatici”. Il clima non spaventa troppo, non affascina tanto, non coinvolge abbastanza da indurci a cambiare il nostro stile di vita, è come se il nostro sistema di “allarme” non fosse fatto per recepire in modo chiaro le minacce concettuali come quella climatica, per quanto il problema sia ormai sempre più tangibile. Nel 2023, infatti, le temperature globali hanno superato le aspettative, segnando il record dell’anno più caldo mai registrato e superando addirittura la soglia di +1,5°C in uno dei principali dataset. Utilizzando gli ultimi dati sulla temperatura superficiale globale e le simulazioni dei principali modelli climatici gli analisti di Carbon Brief hanno presentato lo scorso mese un’analisi aggiornata di quando il mondo probabilmente supererà il limite dei +1,5°C in uno scenario in cui le emissioni non verranno tagliate rapidamente. Per Zeke Hausfather, ricercatore di Carbon Brief, anche se “Superare 1,5° C in uno o anche due anni non equivale a superare il limite di 1,5° C previsto dall’Accordo di Parigi [...] il recente riscaldamento ha portato a un rinnovato dibattito sulla concreta possibilità che il mondo superi il limite di 1,5° C dell’Accordo di Parigi prima di quanto avevano precedentemente stimato gli scienziati del clima e l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)”.
Carbon Brief ha selezionato una finestra di 30 anni e per rimuovere la variabilità naturale e determinare quando il mondo supererà gli 1,5° C e i 2° C, ha combinato le medie uniformate delle temperature osservate e delle proiezioni dei modelli climatici. Questo approccio suggerisce che il mondo supererà gli 1,5° C intorno al 2030, con un intervallo compreso tra il 2028 e il 2036, mentre globalmente i 2°C verranno superati intorno al 2048, con un intervallo compreso tra il 2040 e il 2062. Così, anche se non esiste un modo unico e migliore per valutare quando verrà superata la soglia di 1,5° C, in un mondo in cui le emissioni globali rimangono attorno ai livelli attuali, sia l’approccio di Carbon Brief che quelli di altri analisti concordano che questo avverrà molto probabilmente alla fine degli anni 2020 o al massimo all’inizio degli anni 2030. Similmente all'analisi di Carbon Brief, infatti, anche il nuovo rapporto dalla World Meteorological Organization (WMO) “WMO Global Annual to Decadal Climate Update - Target years: 2024 and 2024-2028” prevede che “La temperatura media globale in prossimità della superficie per ogni anno tra il 2024 e il 2028 sarà compresa tra 1,1° C e 1,9° C superiori rispetto alla linea di base del periodo 1850-1900” e sarà probabile (86%) che “Almeno uno di questi anni stabilirà un nuovo record di temperatura, battendo il 2023 che è attualmente l’anno più caldo”. Se non bastasse “C’è [anche] una probabilità del 47% che la temperatura globale media nell’intero periodo quinquennale 2024-2028 superi i 1,5° C rispetto all’era preindustriale”.
Se un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno di norma una prova, allora dovremmo cominciare a prendere seriamente questi allarmi, perché anche secondo un altro recente rapporto del WMO “WMO State of the Global Climate 2023”, la temperatura media globale in prossimità della superficie nel 2023 è stata di 1,45° C (con un margine di incertezza di ± 0,12° C) al di sopra della baseline preindustriale. L’anno più caldo mai registrato, il 2023, alimentato dal riscaldamento climatico a lungo termine e combinato con altri fattori, porterà in dote un riscaldamento che sarà più di tre volte maggiore del riscaldamento della temperatura media globale. Per la vice segretaria generale della Wmo, Ko Barret, “Dietro queste statistiche si nasconde la triste realtà che siamo ben lontani dal raggiungimento degli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi. Dobbiamo fare urgentemente di più per ridurre le emissioni di gas serra, altrimenti pagheremo un prezzo sempre più alto in termini di trilioni di dollari in costi economici, milioni di vite colpite da condizioni meteorologiche sempre più estreme e danni estesi all’ambiente e alla biodiversità". Per il gruppo di ricerca del WMO anche il superamento temporaneo e con sempre maggiore frequenza della soglia di 1,5° C è drammaticamente allarmante: “Abbiamo già temporaneamente superato questo livello per i singoli mesi e, in realtà, come media nel periodo dei 12 mesi più recente" anche se è importante sottolineare che "Violazioni temporanee non significano che l’obiettivo di 1,5° C sia definitivamente perso perché questo si riferisce a un riscaldamento a lungo termine nel corso di decenni”.
Anche se per ora a quel “e quindi?” abbiamo risposto con politiche ambientali parziali, stentate e a dir poco timide, secondo il direttore di Copernicus Climate Change Service, Carlo Buontempo, “Viviamo in tempi senza precedenti, ma abbiamo anche capacità senza precedenti nel monitorare il clima e questo può aiutare a orientare le nostre azioni. Questa serie di mesi più caldi sarà ricordata come relativamente fredda, ma se riusciamo a stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera in un futuro molto prossimo potremmo essere in grado di tornare a queste temperature “fredde” entro la fine del secolo”. Anche se riflettere sulla complessità e sulla varietà delle minacce che il cambiamento climatico comporta sembra sia per chi scrive che per chi legge (non parliamo per chi ci governa...) spossante con il rischio che la mole di informazioni diventi solo un grande ronzio di sottofondo, non tutto è ancora perduto! Non cambiare non è un’opzione, a meno che non si voglia lasciare alle future generazioni non solo un debito economico, ma anche un debito ecologico insanabile, che rischia di essere una condanna definitiva del loro futuro.
Alessandro Graziadei
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