sabato 14 settembre 2024

La città dei vivi, nonostante un certo giornalismo...


Metti un martedì sera di metà settembre, a Trento, nella cornice ancora molto estiva del Parco della Predara dove la Bookique (“l'unico luogo a Trento dove non si vedono le montagne”) ha ospitato martedì sera un dialogo su giornalismo, finzione e attualità tra Nicola Lagioia, scrittore, sceneggiatore, conduttore radiofonico, Premio Strega nel 2015, e già direttore del Salone del Libro di Torino fino al 2023, e Silvia Boccardi, giornalista, autrice, esperta di nuovi linguaggi mediali che ha collaborato con “Will”, con “LA7”, con “Rai 2”, “BBC”, “The Guardian” e “The Wall Street Journal”. Ad organizzare l'evento la Rassegna Generazioni un progetto culturale regionale innamorato il Trentino Alto Adige/Südtirol che è diventato un brillante incubatore di idee, progetti e azioni animate da un team di professionisti impegnati nel promuovere cultura a 360 gradi. Quello a cui assisto assieme ad oltre 150 persone è un incontro che invita ad interrogarci su ciò che siamo diventati in una società in cui realtà e finzione presentano confini sempre più labili e i due ospiti, molto a loro agio nei campi della narrazione e del giornalismo di inchiesta hanno provato a rispondere, partendo dalle loro esperienze professionali, ad alcune fondamentali domande che la contemporaneità ci pone: realtà e finzione sono mondi contrastanti? Quanto la vita vera incide nella narrazione e quanto il mondo reale, nelle sue manifestazioni, supera i limiti dell’immaginario?


Brillantemente condotti da Caterina Moser, responsabile della comunicazione e referente del Progetto Ambasciatori della Fondazione Antonio Megalizzi, la serata è partita dal libro di LagioiaLa città dei vivi” una dettagliata ricostruzione dell’omicidio di Luca Varani, avvenuto a marzo 2016, da parte di Manuel Foffo e Marco Prato, due ragazzi di buona famiglia che hanno compiuto un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro solo pochi giorni prima. “Questo libro prova a ricordarci che esiste un particolare tipo di finzione che prende vita nei documenti del reale”. Per Lagioia, infatti, “per raccontare la realtà, non sempre basta solo la storiografia o il giornalismo, anche la narrativa può portare un contributo importante. Un contributo che non ha i tempi della storia o la fretta del giornalismo, ma che partendo come in questo caso dagli atti processuali ha la possibilità di entrare, anche a distanza di anni, nella profondità e nella complessità dei fatti”. In questo senso la letteratura, a differenza del cattivo giornalismo, non crea mostri. Il “mostro” è spesso consolatorio, significa che noi non saremo mai così, e invece questo libro ci ricorda come nella vita tutto è umano e anche nel nostro di Mondo, le ossessioni più torbide esistono. Non siamo solo vittime. Abbiamo la possibilità di compiere il male e di scoprirlo dentro di noi, “Abbiamo tutti un lato oscuro, e su questo la narrativa e lo scrittore sono forse più capaci di riconoscerlo rispetto al giornalismo” ha spiegato Lagioia. Oggi l'informazione sembra lo specchio del mondo reale, ed è “un'informazione capace di fare del male”. Come uscirne? Al centro di questo processo narrativo c'è “la sensibilità e la responsabilità di chi scrive, di chi come Lagioia ha incontrato i protagonisti di questo delitto e non ha nascosto le sue intenzioni: scrivere un libro su quello che è accaduto, con la consapevolezza di non alterare la verità processuale, ma di poter in ogni caso ferire non solo i protagonisti, ma parenti, amici, e le tante altre “vittime” di questo omicidio. Raccontare questo omicidio senza cadere nel morboso o facendone solo un'accusa era difficilissimo. E Lagioia è riuscito a raccontare la realtà più nera e farci entrare anche nella testa degli assassini, non per condannarli o perdonarli, questo non spetta a noi, ma per riuscire semplicemente a vederli.

  

Il giornalismo ne è ancora capace di fare quello che è riuscito alla narrativa? Per Silvia Boccardi, “il metodo e il rigore con i quali si approccia la complessità della realtà sono i cardini di una buona inchiesta giornalistica, che non sposa una tesi preconcetta e non può essere influenzata dal mio pregiudizio. La tesi di un'inchiesta viene costruita sul campo e non prima. La Boccardi, autrice della pregevole inchiesta sociale “Perfette mai” è riuscita a raccontare, senza cadere nella morbosità, nella spettacolarizzazione e tutelando e proteggendo le vittime di questa storia, l'ossessione della nostra società per la perfezione dei corpi femminili, modificati da diete, operazioni chirurgiche, cosmetici invasivi e filtri digitali, ossessione spesso indotta da chi ci lucra e ci specula, provando a influenzare anche il processo legislativo a discapito della salute pubblica, (tema che per la Boccardi è vitale). Il rigore di inchieste come questa sono sempre più rare nel giornalismo contemporaneo, dove, nei reportage video come nella carta stampata conta un'immagine o un titolo sensazionalistico, che spesso nulla centra con l'inchiesta ed è utile solo al clikbait. Esistono di fatto oggi “titoli totalmente inventati” e “professionisti ai quali sono attribuite riflessioni mai fatte o dette” ha ricordato Lagioia. Oggi la carta stampata è “in crisi di risorse ancor prima che di idee, gli editori puri non esistono più, le tirature sono passate da 600.000 copie a 60.000, la televisione ha un enorme problema di pluralismo" e “fa rimpiangere in RAI la buona e vecchia lottizzazione dei partiti” visto che oggi non solo la RAI è diventata “monocolore e mono opinione”. Tema questo centrale anche per la Boccardi per la quale un problema enorme del giornalismo italiano, fatto tutto da direttori maschi, bianchi ed eterosessuali, “è aver dimenticato il valore fondamentale della diversità”. Esiste quindi un racconto del reale fatto da un'unica prospettiva: “topdownche non tiene conto delle diversità generazionali, di genere e neanche di quelle culturali”.


Un'ultima importante riflessione suggerita dalla Moser è quella attorno ai social media. Per la Boccardi “si tratta di piattaforme dalle grandi criticità, ma anche di grande opportunità, perché sono solo strumenti che permettono di fare inchieste molto serie ed interessanti”Per Lagioia “esiste un concreto rischio nel giornalismo contemporaneo: inseguire i social con alcune notizie che fanno grandi visualizzazioni, ma sono gossip e non notizie, non permettono la costruzione di una visione critica da parte dell'opinione pubblica”. Dall'altro lato è indubbio che senza social “probabilmente Gennaro Sangiuliano sarebbe ancora il nostro Ministro della Cultura” o “il caso di Stefano Cucchi non si sarebbe riaperto e concluso come sappiamoPer lo scrittore esiste però anche qui un serio problema a monte, ed è quello che è ben rappresentato da X e dal suo proprietario ed imprenditore Elon Musk, sicuramente capace di influenzare l'informazione e forse anche le future elezioni americane. Ci sarebbe poi da ricordare una coda critica della serata dedicata all'uso e abuso della televisione pubblica fatto dall'ex Ministro Sangiuliano, suggerita da alcune domande dal pubblico, un caso che per Lagioiaè Porn Hub” e che la Boccardi ha sintetizzato perfettamente ricordando che “quello non è giornalismo, perché nessuno ha posto domande scomode”. C'è tempo anche per un ultimo messaggio di speranza per la professione giornalistica “che si può ancora fare e bene, a tanti livelli, anche perché oggi non occorre per forza il far parte della redazione di un grande giornale per fare del buon giornalismo, a volte è vero il contrario" ha concluso la Boccardi.


Durante l’evento il pubblico è stato coinvolto dall'associazione InCo in una rappresentazione artistica visiva che ha provato con il pubblico a risponde alla domanda “Chi sono gli Humans of Trentino”? anche attraverso l’esposizione della mostra fotografica “Humans of Trentino” un progetto giovanile finanziato dal programma Erasmus+ che vuole favorire l’uguaglianza, la solidarietà e i legami tra tutti i cittadini e i rappresentanti dei diversi gruppi sociali e culturali.A fine serata mi sono alzato sapendo che oggi il giornalismo è sì in crisi, ma che è ancora possibile raccontare la realtà nonostante un certo giornalismo.


Alessandro Graziadei








 

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