L’inquinamento atmosferico si fa sempre più pericoloso, ma dall’India all’Italia le misure per evitarlo non sono sempre all’altezza della minaccia
Lo scorso 3 dicembre la Corte suprema di Delhi ha iniziato l’esame di una petizione popolare che chiede misure urgenti per ridurre l’inquinamento atmosferico, che da anni in India si fa sempre più diffuso e pericoloso. Tra il 2022 e il 2024, mentre tutti i cittadini di Delhi lottavano contro i crescenti livelli di inquinamento, in 6 ospedali cittadini sono stati registrati una media annua di 67.054 casi di pazienti con crisi respiratorie acute. Come hanno recentemente dimostrato diverse inchieste della BBC, a Delhi e nei suoi sobborghi l’aria tossica è un problema ricorrente, soprattutto durante l’inverno e soprattutto per bambini e bambine che finiscono inevitabilmente per pagarne il prezzo più alto. “In nessun luogo – ha denunciato una delle inchieste della BBC – l’inquinamento atmosferico è più evidente che nelle cliniche pediatriche o negli ambulatori medici” dove negli scorsi mesi “genitori ansiosi facevano la fila mentre i bambini starnutivano, tossivano o lamentavano difficoltà respiratorie”.
Per Shishir Bhatnagar, pediatra della clinica di Noida, intervistato dalla BBC, “Il particolato può influenzare l’immunità del bambino, soprattutto perché il suo sistema è ancora in via di sviluppo e le cellule imparano a rispondere al sistema immunitario nei primi anni di vita. Questi casi sono aumentati di dieci volte negli ultimi anni. Nella mia esperienza, se normalmente vedo in media il 20-30% dei pazienti con tali disturbi, questa percentuale sale al 50-70% durante la stagione invernale”.
La maggior parte dei minori come delle persone anziane o affette da patologie respiratorie ha iniziato ad accusare difficoltà già dallo scorso ottobre, quando la qualità dell’aria nella capitale indiana è scesa a livelli pericolosi a causa di un mix di fattori come le emissioni industriali, i gas di scarico dei veicoli, il calo delle temperature, la carenza di vento e la combustione stagionale delle stoppie dei raccolti. Come ogni anno il Governo indiano ha adottato alcune misure di emergenza per arginare lo smog bloccando i lavori edili e vietando la circolazione dei veicoli più inquinanti, ma nonostante questo da novembre l’indice di qualità dell’aria (AQI) di Delhi, che misura diversi tipi di inquinanti, compreso il livello di particolato fine PM2.5, si è attestato tra 300 e 400, un valore superiore di 20 volte al limite raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Un problema che a 7.500 chilometri di distanza in linea d’aria trova un’eco anche qui in Italia dove secondo Legambiente “La scelta del Governo di ridurre drasticamente, già dal 2026 e per tutto il prossimo triennio, le risorse destinate al Fondo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano, è una decisione grave e incomprensibile, soprattutto perché arriva nel momento in cui i territori più esposti all’inquinamento atmosferico stanno mostrando i primi segnali concreti di miglioramento grazie agli sforzi dei territori degli ultimi anni”.
La nuova Legge di Bilancio 2026, varata a fine ottobre e in attesa di essere definitivamente approvata entro fine mese, in relazione al taglio delle risorse previste per il “Fondo per il finanziamento di specifiche strategie di intervento volte al miglioramento della qualità dell’aria nell’area della Pianura Padana”, prevede una riduzione delle risorse del 75%. Per l’ong del Cigno Verde “Un taglio enorme, che compromette gravemente l’attuazione dei piani regionali della qualità dell’aria, mettendo a rischio il rispetto dei valori limite previsti dalle norme europee proprio quando – nonostante condizioni strutturalmente sfavorevoli, come la conformazione geografica chiusa e l’elevata densità antropica – le Regioni e le Città padane stavano dimostrando la volontà di un deciso cambio di passo per ridurre i livelli di inquinamento”. Il Veneto, ad esempio, sta registrando dati che potrebbero portare ad un 2025 senza superamenti oltre i 35 giorni del limite dei 50 μg/m³ di PM10 nella maggior parte delle centraline rivela smog, anche in Lombardia il trend delle PM10 è in lieve miglioramento, mentre in Piemonte e in Emilia-Romagna la qualità dell’aria ha iniziato lentamente a beneficiare di nuove misure antismog, frutto di politiche integrate su mobilità, agricoltura ed efficienza energetica.
Per Legambiente quella del Governo, se confermata, sarebbe “Una scelta miope che espone l’Italia a nuove procedure d’infrazione europee, a ulteriori sanzioni onerose e riduzioni dei fondi strutturali europei e, soprattutto, a un pericoloso arretramento nella tutela della salute pubblica”. Del resto, secondo i più recenti dati dell’Agenzia europea per l’ambiente relativi al 2023, le vittime del Pm2,5, in Europa sono state circa 238.000 e tra queste quelle italiane sono state ben 43.000, collocate prevalentemente in Pianura Padana. Per questo tagliare le risorse necessarie, invece di consolidare i progressi ottenuti appare oggi un “furto di risorse” ai danni dei territori padani più colpiti dall’inquinamento atmosferico, territori che senza finanziamenti adeguati vedrebbero ridimensionate quando non addirittura cancellate le azioni antismog più virtuose previste per i prossimi anni, con conseguenze gravi sia per la salute delle persone sia per il percorso di allineamento dell’Italia agli standard europei.
Per Legambiente “Lasciare a terra la salute dei cittadini del bacino padano è un errore enorme e tagliare le risorse proprio ora, quando i primi risultati dimostrano che investire nella qualità dell’aria funziona e che servirebbe attivare misure ancora più incisive nei settori dei trasporti, dell’agricoltura e del riscaldamento domestico, è un atto irresponsabile che mette a rischio la salute di 25 milioni di cittadini del bacino padano. Il Paese ha bisogno di investimenti continui, certi e lungimiranti. Siamo pronti, insieme ai comitati regionali, a far sentire con forza la nostra voce”.
Una qualità dell’aria che non rispetta i limiti normativi è un problema sanitario ancora prima che ambientale e per questo nelle prossime settimane l’ong chiederà al Parlamento di ripristinare immediatamente i fondi previsti dal decreto direttoriale Mase del luglio 2024 e di non abbandonare uno dei fronti più cruciali per la salute e la competitività del Paese, invitando il Governo ad aprire un confronto serio con le Regioni e a considerare la qualità dell’aria come una priorità nazionale non rinviabile e non una voce di spesa da sacrificare.
Alessandro Graziadei

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